Previdenza Complementare

La previdenza complementare per i pubblici dipendenti

A chi è rivolto

Anche i pubblici dipendenti possono aderire volontariamente a una forma pensionistica complementare per costruirsi una rendita pensionistica.

 

Chi ne ha diritto

Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari per i lavoratori dipendenti istituiti sulla base della contrattazione collettiva è attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro e attraverso il conferimento di tutto o parte del TFR maturando. L’originaria mancanza del TFR nel comparto pubblico ha obbligato il legislatore ad adeguare i trattamenti di fine servizio propri del settore, comunque denominati, all’articolo. 2120 del codice civile, che disciplina il TFR stesso.

La complessa vicenda della trasformazione del TFS in TFR e le specificità contrattuali e previdenziali hanno ritardato la realizzazione e lo sviluppo della previdenza complementare del comparto pubblico rispetto al settore privato. I Fondi pensione negoziali per i dipendenti pubblici hanno trovato concreta attuazione solo con l’accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999, stipulato fra le organizzazioni sindacali più rappresentative e l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), recepito in seguito dal DPCM del 20 dicembre 1999, come modificato dal successivo decreto del 2 marzo 2001 (trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi per i dipendenti pubblici).

Con l’accordo quadro del 29 luglio 1999 è stato sancito il passaggio dal regime del TFS al sistema del TFR e creato le condizioni per l’avvio della previdenza complementare per i dipendenti della pubblica amministrazione dettando le regole generali per la costituzione dei Fondi pensione nei vari comparti.

Nel decreto si specifica che i dipendenti pubblici sono assoggettati al regime del TFR o del TFS in ragione all'anno di assunzione e alla tipologia di contratto. Sono in regime di TFR i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2001 o assunti a tempo determinato successivamente al 30 maggio 2000.

Il personale assunto a tempo indeterminato prima del 1 gennaio 2001 rimane invece in regime di TFS ma con la facoltà di chiederne la trasformazione a TFR. Tale facoltà è strettamente connessa e non separabile con l’adesione al Fondo pensione negoziale: non è possibile optare per il TFR senza aderire al Fondo e, viceversa, non è possibile aderire al Fondo se non si esercita l’opzione per il TFR.

Al riguardo è opportuno ricordare che il termine ultimo per l’esercizio dell’opzione, già più volte prorogato, è fissato al 31/12/2020. Dopo tale data, la possibilità di opzione al TFR e, quindi, di adesione a Fondi negoziali della previdenza complementare sembra esclusa dall’art. 10 dell’accordo quadro del 29 luglio 1999, salvo un’ulteriore proroga o una modifica della disciplina in merito.

Rimangono in ogni modo ancora esclusi dalla possibilità di adesione ai Fondi negoziali i settori della pubblica amministrazione in regime di esclusivo TFS (senza possibilità di opzione al TFR). Si tratta di settori che, per quanto dettato dal d.lgs 165/2001, non sono stati coinvolti dal processo di privatizzazione del pubblico impiego (personale non contrattualizzato) e il cui rapporto di lavoro resta disciplinato dai rispettivi ordinamenti.

I settori coinvolti sono i seguenti:

  • Comparto Sicurezza, Soccorso Pubblico e Difesa;
  • professori universitari;
  • magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
  • avvocati e procuratori dello Stato;
  • personale della carriera diplomatica e prefettizia;
  • dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi n. 281/1985 e n. 287/1990 (personale della Borsa, Consob, ecc).

Nonostante lo sforzo del legislatore e delle parti sociali di adeguare la previdenza complementare per i pubblici dipendenti sul modello del settore privato ad oggi i due sistemi non sono ancora del tutto coerenti.

Dal 1° gennaio 2007, la previdenza complementare del settore privato è stata riformata dal d.lgs 252/2005, mentre il comparto pubblico, per espressa previsione del comma 6 dell’art.23 del decreto stesso, rimane disciplinato dal d.lgs 124/1993. Il rimando a discipline diverse ha fatto emergere alcune difformità in merito alle modalità di adesione, alle tipologie di prestazione e alle regole di finanziamento.

Disposizioni diverse rispetto al settore privato erano previste, fino al 31/12/2017, anche in materia fiscale. Un sostanziale allineamento in materia è stato attuato con la legge 205/2017 (legge di bilancio 2018). A partire dal 1° gennaio 2018 la vecchia e pesante fiscalità del d.lgs 124/1993 ancora in vigore per dipendenti delle amministrazioni pubbliche, iscritti a forme pensionistiche complementari, è stata sostituita con le più favorevoli disposizioni concernenti la deducibilità dei premi, dei contributi e il regime di tassazione delle prestazioni previsto per il settore privato. E’ opportuno segnalare che la disparità di trattamento fiscale è pienamente superata solo per la quota di prestazione riferibile alla contribuzione accantonata a partire dal 1° gennaio 2018.

La stessa legge 205/2017, al comma 156 dell’art. 1, ha precisato che per i dipendenti pubblici iscritti alla data di entrata in vigore della legge a forme previdenziali complementari, «relativamente ai montanti delle prestazioni accumulate fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti». Le prestazioni erogate dai Fondi pensione risultano, quindi, soggette alla normativa fiscale tempo per tempo vigente rispetto alla formazione del montante individuale.

Per quanto sopra illustrato, rimangono quindi delle possibili differenze di tassazione tra privato e pubblico riguardo alle quote di montante maturate fino al 31/12/2017. Al riguardo, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n.218/2019) ha ritenuto illegittimo le diverse modalità impositive tra dipendenti pubblici applicate al montante maturato tra il 2007 e il 2017 nel caso di un riscatto volontario.

ADESIONE

Al momento, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, individuate dall’art.1 del d.lgs 165/2001, possono aderire alla previdenza complementare nelle seguenti forme:

  • Fondi pensione negoziali, istituiti con contratti collettivi di comparto, oppure con contratti collettivi di ambito territoriale, la cui adesione prevede oltre alla contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro, il conferimento di tutto o parte del TFR;
  • Fondi pensione individuali (Fondi pensione aperti e PIP) con contribuzione volontaria a totale carico dell’aderente. A differenza dei lavoratori del settore privato, per i pubblici dipendenti l’adesione ai Fondi aperti è possibile solo in forma individuale ed è loro preclusa la possibilità di avere un contributo da parte del datore di lavoro o di conferire quote di TFR.

L’iscrizione ai Fondi negoziali è su base volontaria e consentita esclusivamente ai lavoratori che appartengono al settore il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal contratto o dall’accordo istitutivo del Fondo di riferimento, stipulato tra ARAN e organizzazioni sindacali.

Al momento per l’adesione è richiesta una manifestazione di volontà esplicita e, a differenza del settore privato, non è previsto alcun meccanismo di adesione mediante tacito conferimento del TFR. Al riguardo il comma 157 dell’art. 1, della legge 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha rinviato alle parti istitutive dei Fondi di previdenza complementare la regolamentazione delle forme di espressione della volontà di adesione, anche mediante meccanismi di silenzio-assenso e la relativa disciplina di recesso del lavoratore.

Sulla base delle direttive COVIP, tali modalità dovranno in ogni caso garantire la piena e diffusa informazione ai lavoratori e la loro piena libertà decisionale.

Al momento i Fondi negoziali disponibili per i pubblici dipendenti sono:

  • Perseo e Sirio, riservati, rispettivamente, al personale di Regioni, Autonomie locali, Sanità e a quello di Ministeri, Enti pubblici non economici, Presidenza del Consiglio dei ministri, Enac e Cnel, Agenzie fiscali, Coni e Università che hanno già sottoscritto apposito accordo;
  • Espero, riservato ai lavoratori della Scuola e AFAM (dirigenti, personale docente e ATA), operativo dal 1° gennaio 2005. 

Accanto ai citati Fondi troviamo anche due Fondi negoziali territoriali, Laborfonds e Fondemain (già Fopadiva), istituiti dalle Regioni ad Autonomia speciale, rispettivamente del Trentino-Alto-Adige e della Val d’Aosta, in virtù della propria competenza primaria in materia di trattamento giuridico/economico del personale degli enti e amministrazioni locali. Entrambi i fondi consentono l’adesione di lavoratori pubblici, appartenenti a specifici settori (sanità, ricerca, scuola, enti locali) operanti sul proprio territorio.

FINANZIAMENTO

I Fondi pensione negoziali dei pubblici dipendenti operano in regime di contribuzione definita stabilendo nel loro ordinamento uno specifico ammontare minimo di contribuzione necessario alla partecipazione degli aderenti. La contribuzione è stabilita dal regolamento del Fondo ed è data come un valore in percentuale su una retribuzione di riferimento. La posizione individuale, che genererà la prestazione, dipende quindi dagli importi versati e dai rendimenti ottenuti con il loro investimento sui mercati finanziari oltre che dai costi amministrativi e di gestione del patrimonio. La durata del periodo di adesione, inoltre, può incidere sul calcolo della tassazione e, quindi, sul risultato finale utile per l’aderente.

Per il settore in esame la posizione finale presso il Fondo è data dalla somma di due quote corrispondenti a due modalità diverse di contribuzione:

a. “il montante presso il Fondo”: durante la partecipazione al Fondo, il conto individuale dell’aderente viene implementato dal versamento periodico di un contributo a carico del datore di lavoro e del lavoratore. Al momento tutti i Fondi negoziali attivi per il comparto dei pubblici dipendenti prevedono un versamento pari all’1% della retribuzione lorda a carico del lavoratore e un contributo di pari importo a carico del datore.

Le quote di contribuzione sono stabilite dai singoli contratti/accordi collettivi di lavoro. La trattenuta è mensile in busta paga e viene versata dal datore di lavoro direttamente nel Fondo pensione e riportati nella Certificazione Unica (CU). Il lavoratore, sempre nel rispetto di quanto previsto dal regolamento del Fondo, ha facoltà di aumentare la propria percentuale di contribuzione in busta paga e/o di effettuare dei versamenti direttamente al Fondo su base volontaria e senza alcuna periodicità prestabilita. La contribuzione viene accreditata su un conto nominativo proprio dell’iscritto, al quale si andranno ad aggiungere i rendimenti conseguiti con l’investimento dei contributi sui mercati finanziari. Al valore del montante così definito saranno sottratti i costi amministrativi e della gestione finanziaria.

b. “il montante figurativo”: durante il periodo di adesione su un conto virtuale presso l’Inps-GDP (per gli enti pubblici non economici presso le amministrazioni stesse), vengono contabilizzate le quote di TFR a finanziamento della previdenza complementare. La percentuale di TFR destinata al Fondo è così distinta:

- Per i lavoratori aderenti, che vengono assunti già in regime di TFR (assunzioni a partire dal 1° gennaio 2001), è previsto l’accantonamento figurativo di tutto il TFR maturato (pari al 6,91% della retribuzione di riferimento), a partire dalla data di adesione alla previdenza complementare.

L’eventuale TFR maturato prima dell’adesione, rivalutato con la modalità propria del trattamento in parola, verrà liquidato direttamente al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro.

- Per i lavoratori che hanno aderito al Fondo pensione con opzione con al TFR (in servizio al 31/12/2000) è previsto un accantonamento del trattamento non superiore al 2% della retribuzione di riferimento (quindi, non superiore al 28,94% del TRF stesso).

 A favore degli stessi lavoratori è previsto un ulteriore accantonamento figurativo pari all’1,5% della retribuzione di riferimento per il TFS (80% della retribuzione utile). Tale quota non è dovuta per i dipendenti degli enti pubblici non economici e degli altri enti in regime Indennità di Anzianità (IA), per il cui personale non è prevista l’iscrizione all’INPS-GDP ai fine del TFS/TFR.

Alla cessazione dal servizio, l’interessato matura il diritto alla percezione del Tfr, opportunamente rivalutato, derivante dalla trasformazione del Tfs spettante sino all’adesione, nonché le quote residue di Tfr che non confluiscono a previdenza complementare maturate dall’adesione alla cessazione. Alla cessazione dell’adesione gli enti gestori della contribuzione figurativa provvederanno a trasferire al fondo negoziale una somma pari al montante accantonato opportunamente rivalutato.

Come già ricordato, il termine ultimo per passare dal regime di TFS a TFR, al momento è fissato al 31 dicembre 2020. Dopo tale data, la possibilità di opzione al TFR e conseguente adesione a Fondi negoziali della previdenza complementare, salvo un’ulteriore proroga o una modifica della disciplina in merito, sembra esclusa. L’art. 10 dell’Accordo quadro nazionale in materia di fine rapporto e previdenza del 29/07/1999 individua, infatti, quali destinatari della previdenza complementare “… i dipendenti già occupati alla data del 31 dicembre 1995 e quelli assunti dal 1° gennaio 1996 fino al giorno precedente alla data di entrata in vigore del Dpcm, di cui all’art. 2, comma 1, che avranno esercitato l’opzione, di cui all’art. 59, comma 56, della legge n. 449/97, e quelli assunti a far tempo dall’entrata in vigore del predetto Dpcm, i quali chiedano l’iscrizione ai fondi stessi”.

LE PRESTAZIONI AL PENSIONAMENTO

Il decreto legislativo 124/1993, che disciplina ancora la previdenza complementare del comparto pubblico all’art. 8, commi 2 e 3, formula due prestazioni pensionistiche definite rispettivamente di vecchiaia e di anzianità.

  • Pensione di vecchiaia

I lavoratori pubblici maturano il diritto alla pensione di vecchiaia al raggiungimento dei requisiti di età previsti dal sistema obbligatorio di appartenenza, con almeno 5 anni di adesione al Fondo. L’anzianità di partecipazione presso altri Fondi pensione complementari o presso altre forme pensionistiche individuali viene riconosciuta ai fini della maturazione del requisito di iscrizione. Nel periodo 2019-2022 l'età pensionabile è fissata a 67 anni per uomini e donne. Dal 2022 i requisiti d’età verranno rivisti in base all'incremento delle aspettative di vita rilevato dall’ISTAT.

  • Pensione anzianità

I lavoratori pubblici maturano il diritto alla pensione di anzianità in caso di cessazione dell’attività lavorativa, con un’età non inferiore di oltre 10 anni a quella prevista per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza e con almeno 15 anni adesione al Fondo pensione (ridotti a 5 per i Fondi la cui autorizzazione di esercizio non sia stata rilasciata da più di 15 anni). Nel Triennio 2019-2022 tale età è fissata a 57 per uomini e donne; dal 2023 i requisiti anagrafici verranno rivisti in base all'incremento delle aspettative di vita rilevato dall’ISTAT. Anche in questo caso l’anzianità di partecipazione presso altri Fondi pensione complementari o presso altre forme pensionistiche individuali viene riconosciuta ai fini della maturazione del requisito di iscrizione.

Per quanto previsto dal comma 6, art.7 del decreto legislativo 124/1993 le prestazioni pensionistiche possono essere liquidate come:

  • rendita vitalizia;
  • in capitale dell'intera posizione qualora la rendita ottenuta dalla conversione dell’intera posizione maturata risulti inferiore all’Assegno Sociale;
  • fino al 50% dell’importo sotto forma di capitale e la restante parte in rendita vitalizia qualora la rendita ottenuta dalla conversione dell’intera posizione maturata risulti non inferiore all’Assegno Sociale .

ANTICIPAZIONI

Ai sensi della normativa di settore, l'iscritto alla previdenza complementare da almeno otto anni può conseguire un’anticipazione sulla posizione maturata per:

  • spese sanitarie sostenute per terapie e interventi necessari e straordinari, riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche, a seguito di gravissime situazioni relative a sé o ad un familiare fiscalmente a carico;
  • acquisto della prima casa di abitazione di proprietà dell’iscritto o di un figlio;
  • realizzazione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinari, di restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia), relativamente alla prima casa di abitazione;
  • spese relative alla fruizione dei congedi per la formazione e per la formazione continua di cui agli artt. 5 e 6 della L. 8 marzo 2000, n. 53.

L’anticipazione riguarda l'intera posizione individuale maturata, con esclusione delle quote accantonate virtualmente, atteso che il conferimento di queste al Fondo avviene solo alla cessazione del rapporto di lavoro. Relativamente al possesso del requisito degli “anni di partecipazione alla previdenza complementare”, verranno considerati utili tutti i periodi di iscrizione a forme pensionistiche complementari maturati dall'iscritto, per i quali non abbia esercitato il riscatto della posizione individuale. L’Anticipazione erogata non può, in ogni caso, essere superiore alla spesa effettivamente sostenuta e documentata.

RISCATTO

Il riscatto della posizione individuale maturata è consentito quando vengono meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare (ad esempio per cessazione del rapporto di lavoro) prima del pensionamento. 

In mancanza di richiesta di riscatto la posizione individuale rimane presso il Fondo. Inoltre, non è possibile richiedere il riscatto in caso di nuova assunzione presso una delle amministrazioni aderenti al Fondo di provenienza, in quanto, in tal caso, viene riattivato automaticamente il rapporto contributivo presso il Fondo.

DECESSO

In caso di morte del lavoratore associato prima del pensionamento, la sua posizione individuale è riscattata:

  • dal coniuge;
  • dai figli/e, in mancanza del coniuge, presso l’Inps-GDP (per gli enti pubblici non economici presso le amministrazioni stesse).
  • dai genitori, in mancanza del coniuge e dei figli/e, purché fiscalmente a carico dell’iscritto;
  • dal beneficiario precedentemente designato dall’iscritto, in mancanza dei suddetti soggetti,
  • in mancanza di tutti i soggetti sopra indicati, la posizione resta acquisita al Fondo.

FISCALITA’

La contribuzione
Per effetto della legge n. 205/2017, dal 1° gennaio 2018 anche i dipendenti pubblici possono portare in deduzione dal proprio reddito la contribuzione conferita ad un Fondo di previdenza complementare fino a 5.164,57 euro. Fino al 31 dicembre 2017, invece, il limite di deducibilità era individuato nel minore dei seguenti importi: il 12% del reddito complessivo; il doppio della quota di TFR destinata al Fondo; 5.164,57 euro.

Nel caso l’aderente conferisca contribuzione oltre tali limiti, la parte eccedente non dedotta dal reddito sarà esclusa dalla base imponibile per la determinazione dell’imposta dovuta in sede di erogazione della prestazione finale. In questo caso, è necessario che l’aderente comunichi al Fondo, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al versamento, l’importo non dedotto.

I rendimenti
I rendimenti ottenuti dall’investimento della contribuzione sul mercato sono soggetti all’imposta del 20%, più favorevole rispetto al 26%, che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario. L’imposta si riduce al 12,5% sulla quota del rendimento che deriva dal possesso di titoli di Stato e titoli similari.

Le prestazioni
Come già specificato le prestazioni erogate dai Fondi pensione sono assoggettate alla tassazione prevista dalla normativa fiscale tempo per tempo vigente rispetto alla formazione del montante individuale. 

Al riguardo, è possibile individuare tre diversi periodi fiscali rispetto ai momenti nei quali la posizione è stata accumulata nel Fondo pensione:

  • a partire dal 1.1.2018;
  • nel periodo compreso tra il 1.1.2001 e il 31.12.2017;
  • nel periodo fino al 31.12.2000.

Fino al 31 dicembre 2017, la tassazione delle prestazioni può essere così riassunta:

  1. tassazione progressiva, per le prestazioni in forma periodica e nel caso di riscatto volontario per il solo montante maturato dal 2001 al 2017 (la quota maturata fino al 31 dicembre 2000 va a tassazione separata);
  2. tassazione separata, per le prestazioni in forma di capitale e per le anticipazioni;
  3. tassazione separata, per riscatti conseguenti a pensionamento, cessazione del rapporto di lavoro per mobilità e per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti. L’imponibile è dato dal montante maturato, al netto dei contributi non dedotti e dei rendimenti già tassati alla fonte. In determinate circostanze, l’imponibile è diversamente valutato con riferimento al montante dato fino al 31 dicembre 2000. 

Da segnalare che con sentenza n.218/2019 la Corte di cassazione ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del diverso trattamento fiscale tra settore privato e pubblico, previsto per riscatto volontario della quota montante, maturata tra il 2007 e il 2017.

Per quanto riguarda la quota montante relativa alla contribuzione accantonata dal 1° gennaio 2018, i Fondi pensione dei pubblici dipendenti seguono le disposizioni dettate dal d.lgs 252/2005. Tutte le prestazioni, con l’eccezione dei riscatti volontari e delle anticipazioni non per motivi sanitari, sono soggette alla tassazione a titolo di imposta, con l’aliquota del 15%, ridotta dello 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione al Fondo. La riduzione non potrà mai eccedere il 6%, con un'imposta sostitutiva che, dunque, non potrà mai essere inferiore al 9%. Le anticipazioni non per motivi sanitari e i riscatti volontari sono soggetti, invece, a un prelievo a titolo d’imposta del 23%.

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